BARGONI

1973/1979

In questo periodo la pittura di Bargoni, pur nella sua solitaria indipendenza, tende a riconoscersi nell’ambito della cosiddetta pittura-pittura. Originalità e vitalità della sua operazione sono costituite dall’interesse prevalente per il colore, per le diverse incidenze della materia-luce, per gli effetti sfumati delle ombre. L’intento è quello di arrivare ad un armonico rapporto forma spazio segno colore, verificato attraverso tecniche differenziate (tempere, acquerelli, collages, legni in rilievo colorati e pastelli). Talora “la pennellata lavora per sottrazioni e, con severa sorveglianza sintattica, contrae la materia liquida, magra, alonata, povera, per evidenziare invece pulsioni minime dello spazio e della cromia”. (Marisa Vescovo)

BARGONI

Progressivamente “il colore incrina irreparabilmente la superba sicurezza dei contorni geometrici, li aggredisce da ogni parte ed infine sostituisce a quella spazialità così perfettamente compatta, la propria pulsante mobilità di materia luminosa”. (Pier Giovanni Castagnoli)

Così “la pittura pensata, che precedentemente si misurava con la realtà secondo prosciugate stratificazioni, si traduce ora in una progressiva immersione nel colore… verso un più disteso ritrovamento della pittura.
La traduzione fenomenica della pittura avviene in queste opere come riscoperta della fluidità del colore, delle sue capacità di scorrere e ricoprire, di essere assorbito e di penetrare, di farsi protagonista non tramite un monologo ma assumendo tutte le parti, dialogando nei diversi modi e dando, nella varietà degli accenti, quel senso profondo di unità che gli deriva dal suo essere sempre e comunque colore, nella sua declinazione più libera ma anche più pensata e interiormente sentita dall’artista”. (Giovanni Maria Accame)

Bargoni con Fausto Melotti