… Come è possibile salvare la “cosa”? Si tratta, contro ogni riduzionismo, di cogliere “ciò che ci concerne”,
nel suo irriducibile persistere; si tratta di operare affinché ogni apparenza che avvolge la cosa sia dissolta per poterne raccogliere, nella purificazione, l’energia, il cuore, la quintessenza. Raccogliere, in un mondo desti- nato a spegnersi, l’icona, una misura che resiste, che ci dica del modo di mostrarsi dell’idea: un labirinto in cui è pensabile – e quindi raggiungibile – il centro. Se l’esistenza non può che fornire immagini precarie, l’arte può riuscire a sottrarsi all’ansia e all’automatismo interpretativo a condizione che sappia “far sorgere” l’essenza della cosa, quella luce capace di rischiarare l’origine cui l’esistenza soggiace.
BARGONI
Per gli artisti, dopo tutto, sembra valere l’aforisma che George Steiner dedica a quanti, dopo Babele, si sono confrontati con la scrittura e con la sua traduzione: “Il linguaggio è lo strumento principale del rifiuto dell’uomo di accettare il mondo com’è: in altri termini, chi fa vivere la lingua, sia essa verbale, sia essa visiva, sa che gli avvenimenti di Babele sono forse stati un disastro, ma anche, etimologicamente, “una pioggia di stelle” sull’umanità.” (Bruno Bandini)