“In realtà la pittura di Bargoni non ha programmi che non siano riconducibili al misterioso dialogo con la materia, alla capacità intuitiva di porsi in sintonia con gli eventi imponderabili della forma-informe…
Il processo pittorico rende visibili le stratificazioni del suo disgregarsi, frantumazioni e tracce in divenire, ardori fugaci, sonorità dei gialli e dei viola, brividi di rosso, gradazioni del nero oltre sé stesso. Le movenze instabili della materia spingono lo sguardo nel groviglio dei sensi sollecitandolo a entrare nel vivo di sussulti cromatici, coaguli di energia vivente, filamenti che sfibrano lo spazio e lo trasfigurano a oltranza.
In tal senso, Bargoni cerca senza tregua i segreti racchiusi nel respiro materico della superficie, immaginando interminabili deriva che sono l’essenza della pittura, il suo misterioso volto. Molteplici umori sensoriali accompagnano il viaggio dal grembo del visibile verso i sentori dell’invisibile, verso scaturigini di forme senza referenti, in quanto unico tramite è la pura materia che si trasforma in sé.” (Claudio Cerritelli)
Non c’è discontinuità nelle recenti opere di Bargoni rispetto al passato, anche considerando che una discontinuità esiste sempre ed è per Bargoni, nel corso di tutti questi anni, condizione necessaria per continuare a dipingere, a cercare nella pittura sempre nuove risposte estetiche.
Le immagini risultano ora più compatte, la tessitura più uniforme, il gesto è meno evidente, ma costante è la scelta cromatica sviluppata nelle profondità dei toni e nella materia stessa dei colori. I segni sono carichi di luci intense e di vibrazioni limpide, perché accostati per esaltarne le qualità e le profondità.
Il risultato finale è ogni volta per il pittore, come per l’osservatore, una rivelazione; i dettagli si esaltano negli accostamenti, la superficie è il prodotto di innumerevoli stratificazioni.
Non è quindi cambiata la ricerca dentro la luce e nella materia in un continuo dialogo, per raggiungere un’immagine finale di tensione e insieme di equilibrio perché lo sguardo è sempre attento alla struttura dello spazio: ancora una testimonianza sapiente nella lunga storia dell’Astrazione Lirica.